In TANTI SORDI ci interessa toccare e intrecciare tre discorsi:
Uno. La Storia: 70 anni di storia italiana passano attraverso questi materiali trans-mediali rifiltrati e riletti da/attraverso Sordi (ed i suoi registi), insomma la storia, l’Italia, la ricostruzione storica orientata che si è fatta dell’Italia dal dopoguerra ad oggi
Due. Il dato biografico: i nostri nonni, i nostri genitori giovani di allora – il dopoguerra, il boom economico, il progresso, le speranze – mentre adesso ci siamo solo noi, miseri, senza futuro, con l’apocalisse invece del progresso come unico, mitico orizzonte.
Tre. Il nostro lavoro, il teatro: Sordi fa il nostro lavoro, parla del nostro lavoro. Epoca diversa, percorso diverso, scelte diverse, mainstream e successo contro avanguardia, noi avanguardisti finto-pentiti che stringendo il nazional-popolare in un abbraccio mortale rivendichiamo una diversa identità e la nostra storia.
In continuità con i lavori precedenti, in cui abbiamo affrontato temi che riguardano la storia e l’identità italiana, attraversandola e soffermandoci sul suo cadavere politico con testi come Dux in scatola, Risorgimento Pop e Aldo morto (che compongono la trilogia Storia cadaverica d’Italia), il colonialismo italiano e la sua eredità di razzismo nel pensiero occidentale in Acqua di colonia, la rivoluzione francese e la crisi attuale della democrazia in Ottantanove, il futurismo italiano tra misoginia e proto-femminismo in Disprezzo della donna, continuiamo la ricerca sui miti e le retoriche del nostro paese e del nostro presente e ci immergiamo adesso – in collaborazione con lo scrittore Lorenzo Pavolini – in questo materiale culturale e storico, in questa mitologia su Roma e “romanità” ma soprattutto “italianità” che è Alberto Sordi. Il mito dell’uomo medio, tutti i miti passati attraverso lui, italica spugna e italico modello che ha attraversato i decenni. Lo attraversiamo cercando le sue tracce sepolte in noi, nei nostri corpi e nel nostro lavoro, le sue stratificazioni disseminate nella nostra vita e nella vita del nostro paese. Un discorso che tenta di far esplodere le nostre retoriche e i nostri modelli culturali, un discorso sull’arte e sul teatro.
Elvira Frosini e Daniele Timpano